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di Mike Figgis, con Saffron Burrows, Peter Mullan, Maria Doyle Kennedy
(Stati Uniti, 1999)
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Figgis come ai bei tempi (quelli di STORMY MONDAY per intenderci)? Fatto sta che gira Strindberg in sedici millimetri, camera a spalla incollata ai propri attori come si fa quando ci si crede. Atteggiamento discutibile, forse, applicato all'estetica come la si è sempre intesa del drammaturgo. Ma è una scelta, e Figgis la conduce in porto con lodevole coerenza. I due protagonisti non sono forse assortiti nel migliore dei modi: lei, fremente, altera, fragile e sensuale a seconda dei momenti, si trascina un po' dietro un'immagine di top model di razza. Lui, fin troppo consapevole dei meritati riconoscimenti dell'epoca post - Ken Loach, è mutevole come di dovere; ma pure un poi bassotto accanto a lei, relativamente ambiguo ed in quanto a sexy lascio decidere alle spettatrici. È lo split - screen della celebre scena di seduzione a rompere l'unità stilistica: anche se Figgis l'ha forse decisa pensando alla schizofrenia dei personaggi. Da quel momento - nella nobiltà del tema e degli intenti - il film inizia a sbandare. E l'estetica teatrale (o, piuttosto, la convenzione drammaturgica) finisce per imporre le proprie regole.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
da vedere assolutamente
da vedere
da vedere eventualmente
da evitare
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